Il Montanaro Informatico

Un po' di tutto, di tutto un po'

Categoria: Ambiente

Benvenuta primavera! Ah no, scherzetto!

Chiamatelo Thor, tempesta di ghiaccio, gelicidio o come volete. Siamo tutti concordi però ad affermare che la primavera quest’anno si è presentata con un bel regalo fresco fresco. Ieri, in particolare qui a Trieste, la situazione è stata quantomeno particolare. Una giornata di “blizzard storm”, ha paralizzato le strade cittadine con uno strato di ghiaccio che ha costretto molti a dover rispolverare le vecchie catene, che ormai sembravano aver dato abbastanza per quest’anno. Quando ieri mattina mi sono alzato, la cosa più comica è stato accorgersi che una delle tapparelle del mio appartamento era completamente bloccata dal ghiaccio. Temperatura esterna circa 0°, raffiche di Bora a 120 km/h (temperatura percepita quindi molto molto molto sotto lo zero) decido che quella tapparella deve alzarsi: apro le finestre a doppio vetro (che isolano bene come se il vetro proprio non ci fosse) e inizio a separare le asticelle della persiana ad una ad una, soffiando aria calda per sciogliere il ghiaccio che le tiene attaccate. Venti minuti dopo, la missione è compiuta e quello che mi si presenta alla vista pare un paesaggio artico. Più volte nel corso della giornata mi affaccio alla finestra e osservo le divertenti scenette che scorrono sotto casa mia. Si parte con il fenomeno che in mezzo alla strada decide di darsi al pattinaggio rischiando il collo ripetutamente, forse tentando un triplo axel. Proseguiamo poi con il povero automobilista che impiega quasi un’ora prima di montare solo una delle due catene sulla sua auto. E come non citare (si sa i triestini a volte sono strani) la vicina di fronte, detta “la gattara”, che con un tornado di ghiaccio sempre più furioso, decide di lasciare spalancare le finestre per almeno un’ora! Chi più ne ha più ne metta insomma, quel che è certo è che fra due settimane ci ritroveremo a lamentarci per il caldo.

La spiaggia di vetro

Qualche giorno fa mi sono imbattuto in una foto che ritraeva un paesaggio a dir poco insolito. Mi sono informato un poco e oggi voglio proporvi la storia che stava dietro a quell’immagine. Una storia di degrado ambientale e inquinamento perpetrato da uomini che per anni hanno commesso errori ai danni della loro stessa terra. Premetto che non sono uno di quelli che ostentano il loro ripudio verso l’inquinamento, non sono certo un ambientalista con il paraocchi e penso che un utilizzo responsabile della terra su cui viviamo sia prima di tutto una questione di educazione e rispetto. Detto questo, quando ho visto la foto, la prima cosa che ho pensato è stata “wow”, segno che questa storia ha anche un, seppur poco consolante, lieto fine. Per capire bene il fatto, spostiamoci indietro nel tempo fino al 1949. Siamo nei pressi di Fort Bragg, California, una cittadina affacciata direttamente sul Pacifico. Fu proprio da quell’anno che quella che oggi è chiamata “Glass Beach” iniziò ad essere una discarica senza nessuna restrizione. Gli stessi cittadini, per anni e anni, hanno gettato ogni sorta di rifiuto, dalle lavatrici alle auto, giù per le scogliere, incuranti del danno che stavano compiendo. Solo dopo quasi due decadi, precisamente nel 1967, si prese coscienza di quello che era stato fatto: la zona venne chiusa e si cominciarono a prendere provvedimenti. Da lì sono stati avviati numerosi programmi di pulizia per la rimozione dei rifiuti, specialmente i più pericolosi e potenzialmente tossici. Tra i rifiuti abbandonati come potete aver intuito, la fa da padrone il vetro, che ancora è presente in quantità considerevole. Vetro che però la natura, con il suo moto ondoso perpetuo e incessante, ha levigato giorno dopo giorno, facendo della zona, rinominata appunto “Glass Beach” uno scenario molto singolare e meta di numerosi turisti ogni anno. Al posto della sabbia un’infinità di ciottoli vetrosi lisciati e smussati dall’oceano, dai colori variegati e accesi. Piano piano la natura si sta riprendendo ciò che le era stato sottratto e a distanza di 16 anni Glass Beach è ora una zona protetta del MacKerricher State Park, a testimonianza di cosa l’uomo sia capace di fare e di come spesso la natura stessa dia una bella mano per rimediare. Più che le parole però parlano le immagini, buona visione!