Il Montanaro Informatico

Un po' di tutto, di tutto un po'

Categoria: Svago

Google Street View Hyperlapse

Tutti conosceranno il celebre servizio Google Street View, che permette di navigare in tre dimensioni tra le strade delle città mappate da Google con le sue auto-telecamere. Pochi giorni fa è stato presentato il risultato di una collaborazione tra Google e i laboratori canadesi Teehan+Lax, che ha portato allo sviluppo di uno strumento denominato “Google Street View Hyperlapse”. Ciò che ci permette di fare è creare video timelapse, sfruttando le immagini offerte da Google Street View. Dal sito http://hyperlapse.tllabs.io/, chiunque potrà selezionare un punto di partenza e uno di arrivo, godendosi il video risultante. Durante il percorso sarà possibile mettere in pausa il video per ammirare appieno gli scorci paesaggistici che scorreranno nel vostro itinerario. Per usufruire del nuovo servizio gratuito è sufficiente utilizzare un browser che supporti WebGl, come ad esempio Google Chrome. Potrete così creare il vostro giro del mondo in pochi click! Buon divertimento!

Prendiamo esempio dal topo

Alla fine del post capirete tutto. Prima una piccola premessa. Oggi devo dire che l’umore non è dei più alti: questa mattina ho assistito ad un incontro organizzato dall’università e tenuto dalla direttrice di filiale di Adecco per Trieste e Monfalcone. Lo scopo del piccolo seminario era quello di fornire, a noi futuri laureati, dei consigli sul come e sul dove cercare opportunità lavorative, ma soprattutto sul come affrontare la stesura di un CV adeguato e gestire il tanto temuto colloquio di lavoro. A parte i preziosi consigli che non sono mancati, una cosa mi ha lasciato l’amaro in bocca: sentire la speaker affermare come un ritardo di un anno nel percorso di studi universitario fosse “al limite” accettabile, mentre un ritardo di due o più anni (i temuti anni fuori corso) fosse molto mal visto e giustificabile solo se accompagnato da opportune e valide motivazioni del “candidato”. Mi sono guardato intorno nell’aula in cui eravamo e ho pensato: “quanti dei miei colleghi possono affermare di essere “al passo” con le tempistiche?”. La risposta credo sia abbastanza scontata, almeno per chi frequenta l’ambiente universitario. Attenzione, non giustifico la pelandroneria e lo stato mentale del “mantenuto da papà” che lo studio non sa nemmeno cosa sia, parlo di me, di tanti amici e compagni di corso, conoscenti (anche solo di vista) che certo non sono assolutamente esempi di comportamenti parassiti nei confronti dei genitori, ma che loro malgrado si trovano uno o due anni fuori corso. Non sto qui ad aprire parentesi sulla bontà o meno dei piani di studio, ognuno la può pensare come vuole, certo è che nessuno avrà da obiettare se affermiamo che il laurearsi nei tempi, almeno ad ingegneria, sia l’eccezione che conferma la regola. La regola non scritta, ma oggettivamente verificabile, sul fatto che uno o due anni fuori corso, per una persona che non sia un genio (si sa, sono i geni che dovrebbero essere le eccezioni), sono necessari per completare una delle lauree del settore ingegneristico. Forse a qualcuno sfugge la realtà dei fatti o forse sono io che non riesco a vedere la globalità delle cose, ma mi fermo alla realtà locale della mia università. Detto ciò, vi starete chiedendo quale correlazione vi sia col titolo del post. Presto detto: dedico il video seguente a tutte le persone che con sacrifici e fatica stanno studiando e che si sentono dire queste cose “taglia gambe”. Noi come il topo usciamo dalla tana e partiamo alla carica verso il nostro formaggio, l’università. Siamo carichi di speranze, vogliosi di imparare e crescere. Ma come dice il proverbio: non è tutto formaggio quel che sa di formaggio (forse non era così, ma un piccolo adattamento me lo consentirete). Ed ecco che accade quello che non ci aspetteremmo: la morsa di un sistema imperfetto, che sembra contro di noi studenti, ci stringe il collo e ci fa perdere l’entusiasmo; ci manda fuori corso e ci lascia l’amaro in bocca della sensazione di aver fatto la scelta sbagliata. Ma non finisce qui, in fondo ne abbiamo di forze da giocarci, siamo giovani ed adattabili. Testa alta e prendiamo esempio dal topo, non avranno la nostra pelle facilmente. In fondo, il futuro del mondo la fuori siamo noi.

Leggere il New York Times senza limiti

Se siete capitati qualche volta sul sito del celebre quotidiano “New York Times”, vi sarete accorti che per poter usufruire del servizio e navigare liberamente tra gli articoli, sia richiesta la sottoscrizione di un abbonamento che parte dai 15 $ al mese. C’è un trucchetto per chi, come me, spesso si ritrova a leggere articoli del NYT ma non così spesso da giustificare l’abbonamento. Il limite mensile è di 10 articoli e una volta raggiunto ci verrà mostrato un messaggio, come quello che vedete nella figura, impedendoci di leggere l’articolo aperto.

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Ora, può capitare che voi superiate il limite dei 10 articoli letti, ma che un giorno vediate dalla home page del giornale un articolo che proprio vorreste leggere. La soluzione è presto detta: il Times, come molti altri giornali online, per favorire l’afflusso di nuovi clienti permette l’accesso illimitato agli articoli che sono stati forniti in seguito ad una ricerca, per esempio su Google. Vedete infatti che cercando il titolo dell’articolo, aggiungendo le parole “New York Times”, il primo risultato della ricerca di Google sia proprio l’articolo che ci interessa.

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Aprendo l’articolo da qui sarà ora pienamente consultabile, anche se avete come in questo caso, superato il limite massimo mensile, ecco infatti l’immagine che mostra la pagina dell’articolo ottenuta con il link della ricerca di Google, si può notare come non compaia più il messaggio.

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Proprio perché le testate online vogliono favorire l’incremento di lettori, questo ragionamento potrebbe valere anche per altri giornali in abbonamento, quindi prima di sborsare soldi per un abbonamento che magari non sarebbe giustificato, visto che non siete assidui frequentatori del sito, provate il trucchetto della ricerca sul web: aprite la home page del giornale, individuate l’articolo che vi interessa e cercatelo su un motore di ricerca aggiungendo alla stringa il nome del quotidiano. Tentar non nuoce!

Canzone appiccicosa

Ancora in piena euforia per il concerto dell’altro giorno, una canzone non mi esce più dalla testa. Penso abbiate in mente quelle canzoni che ti si stampano in testa e ti ritrovi a canticchiare una ventina di volte al giorno, senza accorgertene. “Atmosphere on the moon”, dall’ultimo disco di Gilbert, “Vibrato”, è stata premiata da una rivista specializzata per il miglior assolo dell’anno. Quindi tutti in piedi, su il volume, fate finta di avere una chitarra tra le mani e godetevi questo pezzo eccezionale. Il miglior modo per iniziare la giornata con grinta!

Paul Gilbert a Trieste!

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Grande serata ieri al teatro Miela di Trieste. Ad esibirsi niente meno che Paul Gilbert, uno dei chitarristi considerato tra i “grandi” dello strumento. Parteciparvi era un obbligo essendo appassionato di chitarra elettrica (suonicchio anche qualcosina), ma anche per i non patiti dello strumento lo show messo in scena è stato straordinario. Una performance degna di un concerto da stadio, prova che non serve avere lo stadio per fare un concerto strepitoso, visto che il Miela le dimensioni di uno stadio certo non le ha. Non c’è da dilungarsi sull’eccezionale tecnica di Gilbert, ma va sottolineata anche la bravura degli altri strumentisti, indimenticabile sarà per me l’assolo di batteria di Thomas Lang che a momenti tira giù il teatro mandando tutto in risonanza, ma anche l’abilità alle tastiere della moglie di Gilbert, Emi che sfodera un carattere da vera professionista. Ultimo ma non ultimo il bassista Kelly Lemieux un vero pazzo (nel senso buono del termine) bello da ascoltare ma soprattutto un piacere da osservare nelle sue espressioni da rockettaro di spessore. Posso senza dubbio affermare che sia il più bel concerto al quale abbia assistito, soprattutto per quello che è successo dopo! Finita l’esibizione la mia priorità era acquistare il nuovo disco di Gilbert e fiondarmi in cerca dell’autografo. Subito la delusione: viene annunciato che nessun componente della band uscirà per firmare autografi. Mossi da una speranza sorda siamo in molti a restare nel teatro, in attesa che prima o poi il nostro idolo esca da quella tenda. Nulla, passano quasi due ore e veniamo invitati a lasciare la struttura per la dovuta chiusura dell’immobile. Tra i pochi rimasti regna la rassegnazione e pian piano il teatro si svuota. Ma l’obiettivo della serata era tornare a casa con l’autografo e subito iniziamo a circondare letteralmente il teatro in attesa che qualcuno esca da qualche parte. Infine ecco il segnale che aspettavamo: un’auto si ferma davanti all’uscita laterale del teatro, ci fiondiamo sul posto e dopo altri dieci minuti cominciano a uscire alla spicciolata i componenti della band: prima il bassista, poi Paul e la moglie Emi ed infine il batterista Lang. CD firmato da tutti e quattro e missione compiuta. Prossima missione: mettere al sicuro la copertina del CD (pensavo ad una plastificazione) per preservare gli autografi che purtroppo sono stati fatti con un pennarello non indelebile. Qui di seguito il premio per essere rimasti in attesa per oltre due ore (tirava anche la Bora) e aver bloccato i musicisti all’uscita secondaria, come provetti cacciatori di star: il cd firmato e una foto con il mitico Paul. Che serata indimenticabile!
P.S. Un grazie alla morosa e all’amico Alessandro che hanno pazientemente atteso con me. 🙂

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21 vittoria, grande baldoria!

Il titolo del post evocherà ai più il celebre film “21“, in cui si racconta la storia di uno studente universitario promettente, ma in difficoltà economiche, che con una squadra di amici e un professore si lanciano nel gioco del Blackjack a Las Vegas. Proprio ieri, capita raramente, ho avuto l’occasione di andare al Casinò di Venezia (Ca’ Noghera) e dopo aver girovagato e giocato il ticket d’ingresso ad una slot machine (solo il caso vuole che alla fine ne abbia guadagnato qualcosina), mi sono fermato per una buona mezz’ora ad osservare i banchi da blackjack. Risulta indiscusso il fatto che il fascino del gioco al tavolo superi infinite volte la monotonia di stare davanti ad una macchina a schiacciare un pulsante. Al contrario delle slot machines, inoltre, il gioco “ai tavoli”, intendendo blackjack, roulette, poker e così via, richiede una certa dose di capacità. Fatto sta che poco prima di partire qualche mano al tavolo l’ho fatta pure io. Insieme a mio fratello siamo partiti con un investimento di 50€, arrivando a intascarne un totale di 90€, con 40€ di guadagno. Molti di quelli che leggeranno il post e di sicuro molti di quelli che non lo faranno, a sentir parlare di gioco d’azzardo (perché di questo si tratta), storceranno il naso, affermando che è un modo come un altro di buttare in fumo i propri soldi, tentando la fortuna. Alle sale da gioco va bene che si diffonda quest’idea, in quanto non fa altro che favorire gli introiti dei casinò. La verità è che il blackjack come altri giochi d’azzardo può essere giocato in maniera logica e coscienziosa, anche se questo modo di giocare impone allo scommettitore di acquisire delle conoscenze, ossia per intenderci: fare fatica. Sostanzialmente stiamo parlando di probabilità: sono stati fatti numerosi studi in passato che hanno permesso di sviluppare tecniche di gioco da seguire rigidamente per raggiungere (con buona probabilità) buoni risultati nel medio-lungo periodo di gioco. La strategia più semplice viene chiamata “Strategia di Base” e per attuarla si dovrà imparare sostanzialmente una serie di regole che sintetizzano una tabella, in cui ogni possibile situazione di gioco viene presa in considerazione e viene fornito il comportamento da attuare. Senza inoltrarsi troppo nello specifico, chi è interessato può trovare ampia documentazione in rete, un esempio di regola potrebbe essere: “se la somma delle mie carte è 13, non chiedere carta se il banco ha come carta scoperta una carta che va da 2 a 6, altrimenti chiedere carta”. In pratica sono sintesi verbali di una tabella che descrive le varie mosse da compiere. Un esempio di tabella della strategia di base è riportata qui di seguito:
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In questa tabella sono sintetizzate le azioni MATEMATICAMENTE corrette da intraprendere secondo gli studi probabilistici effettuati. In pratica dato il valore delle nostre carte in mano e quella della carta scoperta del banco ci sarà detto se:

  • S: STAND. Stare, ossia non chiedere ulteriori carte.
  • H: HIT. Chiedere carta.
  • D: DOUBLE. Raddoppiare. (per il regolamento visitate la pagina di Wikipedia).
  • SP: SPLIT. Dividere le due carte (vedere sempre il regolamento).

Se si attuano queste regole, si sta a tutti gli effetti adottando la suddetta “strategia di base” che ci informa sul migliore metodo di gioco in termini matematici e probabilistici. Ora vi starete sicuramente chiedendo: come mai pur esistendo una precisa e scientifica strategia che ci mette nelle migliori condizioni (matematicamente parlando) di vittoria, i casinò generano in continuazione introiti milionari senza l’ombra di crisi? La risposta è semplice: perché la maggior parte dei giocatori si affida non ad un gioco scientifico e matematico, ma all’intuito e al gioco poco rigoroso. La stragrande maggioranza di chi si siede al tavolo in sostanza, non attua una strategia di gioco ma si lascia guidare da scaramanzie e intuizioni che a lungo andare generano perdite per i clienti dei casinò e introiti certi per le case da gioco. Il fatto che tanti non attuino una logica ferrea risiede probabilmente nel fatto che imparare una strategia del genere richiede molta pratica e anche una buona dose di impegno che per molti non vale la pena spendere. Inoltre anche il fatto di seguire rigorosamente una tattica di gioco non sempre risulta psicologicamente semplice: potrebbe ad esempio capitare che per due, tre, cinque mani consecutive vi troviate davanti alla stessa situazione di gioco, per esempio abbiate 12 in mano e il banco abbia 6, e pur attuando la strategia che impone di stare e non chiedere carta, perdiate inesorabilmente la mano tutte le volte. La difficoltà risiede qui: molti alla volta successiva avendo in mano 12 e vedendo un 6 al banco sarebbero tentati di fare un’eccezione alla regola e chiamare carta. Può andare bene come può andare male, si penserebbe. In realtà il calcolo delle probabilità dice che a lungo termine, andando fuori dal sentiero che la strategia vi suggerisce, sarete destinati a perdere. La difficoltà è dunque quella di mantenere la mente fredda, lucida e di seguire la strategia scelta senza sgarrare MAI. Sommando questa difficoltà psicologica, l’ignoranza da parte dei più (nel senso che la maggior parte della gente ignora addirittura l’esistenza della strategia stessa) e la fatica e l’impegno necessari a maneggiare la strategia con rapidità, il risultato è nettamente a favore dei casinò che hanno ovviamente il vantaggio sui giocatori. Spero di avervi proposto una visione un po’ diversa dal solito del gioco del blackjack, un gioco semplice ma affascinante sia per il contatto umano che si ha al tavolo da gioco (con il croupier e con gli altri giocatori) sia per i retroscena matematici che ne regolano lo svolgimento e che se ben studiati possono dare soddisfazioni anche economiche non irrilevanti. Poi, si sa, ci vuole fortuna…o forse no?

Le regole del Rugby – Parte 4

Affrontiamo oggi il chiarimento di alcuni concetti ricorrenti durante il gioco: la (o il) ruck e la maul.

RUCK

Un ruck è una particolare situazione di gioco che si costituisce quando vi siano almeno due giocatori in piedi (uno per squadra), che siano tra loro in contatto e che si contendano il pallone a terra tra di loro. Il ruck, formandosi in condizioni di gioco con palla in movimento (da non confondersi quindi con la mischia), viene spesso definito anche come “mischia spontanea”, proprio per la somiglianza con la situazione di mischia ordinata che spiegheremo più avanti. Uno degli scenari in cui si può formare è successivamente ad un placcaggio. Il giocatore placcato, infatti, è costretto a lasciare il pallone e le due squadre possono quindi contenderselo legandosi tra loro e spingendo per aggiudicarsi il possesso dell’ovale. Formalmente durante un ruck si creano due linee di fuorigioco. Ogni altro giocatore che voglia aggiungersi al ruck deve farlo dietro la sua linea di fuorigioco, che passa per i piedi dell’ultimo giocatore legato nel ruck della propria squadra. Per essere considerato partecipante al ruck il giocatore deve essere legato, con almeno un braccio, al corpo di un proprio compagno di squadra che sta già partecipando alla contesa del pallone. In caso di legatura dal lato del raggruppamento la squadra viene penalizzata con un calcio di punizione, così come se uno dei giocatori partecipanti interviene sul pallone con le mani. Durante un ruck, infatti, non è concesso l’uso delle mani per afferrare il pallone, anche se usualmente questo viene permesso alla squadra che ha “vinto” la contesa, per velocizzare l’uscita dell’ovale dal ruck. Un ruck viene considerato concluso quando il pallone esce o diventa ingiocabile. Nel secondo caso verrà concessa una mischia con introduzione a favore della squadra che stava avanzando prima che il pallone diventasse ingiocabile. Qui di seguito un video che chiarisce questa situazione di gioco.

MAUL

La maul è un’altra situazione di gioco in cui il pallone viene conteso. A differenza del ruck, per far si che si formi una maul è necessario che il portatore del pallone, in piedi, sia a contatto con un avversario e sostenuto (legato) da un compagno di squadra. In questo caso, dunque, il pallone non è a terra e l’uso delle mani è permesso. Le regole da sottolineare per una maul sono essenzialmente le seguenti:

  • solo il possessore del pallone può cadere o decidere di andare a terra (formare quindi un ruck) e mettere a disposizione immediatamente il pallone.
  • tutti gli altri giocatori devono restare in piedi e non fare nulla che abbia lo scopo di far crollare la maul.
  • anche per la maul si formano le linee di fuorigioco citate nel caso del ruck e valgono le stesse regole per prendere parte alla contesa.

Anche in questo caso la maul termina quando il pallone esce dal raggruppamento o il portatore ne esce. Inoltre viene terminata nel caso in cui crolli o rimanga ferma per più di 5 secondi. Solo nel caso in cui un giocatore che riceve il pallone direttamente da un calcio avversario, tranne che da calcio d’invio e di rinvio, sia immediatamente bloccato e
si formi una maul, se il pallone non esce, sarà la squadra del ricevitore ad introdurre il pallone nella successiva mischia. Nel caso di una maul che rimanga e/o diventi statica, con pallone ingiocabile, l’arbitro ordinerà una mischia. Se l’arbitro non è in grado di stabilire quale squadra era in possesso del pallone, l’introduzione nella conseguente mischia sarà assegnata alla squadra in avanzamento prima dell’arresto della maul. Se nessuna squadra era in avanzamento, la squadra in attacco introdurrà il pallone. Ecco un video dimostrativo.

Ruck e maul sono fasi di gioco molto frequenti nel rugby e spesso molto spettacolari in quanto vengono esaltate le caratteristiche fisiche dei giocatori. Per oggi concludiamo qui, un altro piccolo passo per la comprensione di questo grande sport è stato fatto. A presto!

La matematica della cravatta

Windsor
Si avvicina il giorno della laurea di mio fratello e ho pensato bene che fosse il caso di imparare, una volta per tutte, un benedetto nodo per la cravatta. Assumo il babbo come professore e iniziamo la lezione: “si fa passare avanti così…” – “come, sotto colà?” – “no ma io di solito facevo così..” – “forse va fatto dall’altra!” – “Ah ma è perché sono mancino!” – “aspetta, ripartiamo!” – “no! gira dietro dopo aver girato intorno!” ecc ecc.  Alla fine, dopo aver rischiato di impiccarmi con le mie stesse mani, sono giunto ad un nodo che abbiamo poi scoperto essere il celeberrimo nodo Windsor. Ricordando di aver letto qualcosa di curioso in passato, mi sono fiondato al pc e dopo qualche ricerca ho trovato quello che cercavo. Lo sapevate che, contro ogni romanticismo, perfino il nodo alla cravatta è stato modellizzato e studiato per via matematica? Da aspirante ingegnere non posso che essere affascinato dalla potenza della matematica, anche se a molti sembrerà solo un’altra prova della freddezza della scienza. Se siete quindi tristi e noiosamente razionali come solo un ingegnere sa essere, sarete anche interessati alla trattazione formale e molto rigorosa con cui  il professor Andrea Centomo del Liceo Corradini di Thiene e Giovanni Paolini, studente del liceo scientifico Copernico di Brescia hanno affrontato il nodoso (permettetemi il gioco di parole) problema. Potete leggere l’articolo cliccando qui. Il succo della questione è che fra modelli matematici, formule complicatissime e studi su vari parametri del nodo (ad esempio il rapporto forma-dimensione la simmetria e l’equilibrio), è saltato fuori che i nodi più belli (risultato matematico) sono i classici nodi usati per la maggiore, anche da chi non è molto avvezzo a maneggiare la matematica (risultato empirico). Inoltre, giusto per conoscenza, è stato stabilito che il numero di nodi astrattamente realizzabili è 85. Ma scherziamo? Rischio di morire soffocato ad imparare un nodo solo, figurati 85! Comunque bisogna sottolineare che il sommo Capitan Findus insegnava: “Ci sono solo due tipi di nodi: quelli fatti bene e quelli fatti male.”. A parte il fatto evidente che si sbagliasse, visto che superano l’ottantina, forse qualcosa di vero dal vecchio barbogio possiamo imparala: mettete per questa volta da parte la matematica, fatevelo insegnare da vostro padre e imparatene uno alla perfezione. Farete la vostra degna figura comunque.

Quiche al prosciutto e mozzarella

Vi presento oggi una ricetta facile ma molto gustosa. Si tratta di una torta salata, preferirei chiamarla così, ma l’etichetta da navigato chef che voglio sembrare mi impone di usare il francese.

INGREDIENTI (per 6 persone):

  • 300 g di pasta brisée
  • 200 g di mozzarella
  • 200 g di prosciutto cotto
  • 40 g di grana grattuggiato
  • 3 uova
  • panna
  • sale

PREPARAZIONE:
Accendere subito il forno e lasciarlo scaldare a 190°. Nel frattempo stendete la pasta brisée a forma di disco, adagiandola in una teglia rotonda (ad es da 26 cm di diametro) foderata di carta forno. Lasciate uscire almeno 1 cm di pasta dal bordo. Sbattete poi le uova con 2 cucchiai di panna, il prosciutto tagliato a cubetti, il grana e la mozzarella a dadini o a sferette, o a icosaedro se per voi è più semplice. Consiglio di strizzare per bene la mozzarella facendo uscire quanta più acqua possibile prima di aggiungerla al composto. Salate infine il ripieno e distribuitelo nella teglia in cui avete adagiato la pasta. Ripiegate la pasta sporgente all’interno, schiacciandola leggermente e formando un bordino. Infornate il tutto per 30 minuti. Una volta sfornata aspettate alcuni minuti e poi servire.

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L’Italia del rugby in crescita

180340080-6c443d30-374d-4d31-804b-e3ef685c0350Si è chiuso ieri il torneo del six nations 2013 vinto dal Galles che ha sconfitto l’Inghilterra nell’ultimo incontro. Personalmente la giornata di ieri aveva un solo obiettivo: vedere la partita senza sapere in anticipo il risultato. Da quest’anno infatti le partite in chiaro sono state trasmesse da Sky e La7 ha avuto la possibilità di trasmetterle in differita. Ogni possibile fonte di notizie sportive è stata sapientemente evitata: niente Facebook, niente Twitter, niente telegiornali o simili. Fatto sta che miracolosamente sono riuscito ad arrivare alle 18 senza nessun indizio di come si fosse concluso il match giocato alle 14 circa. Apro il frigorifero e con la mia bella birra gelata mi siedo davanti alla televisione e lì inizia la tragedia: “trasmettiamo in diretta l’elezione del presidente del Senato”. Ululato di rabbia e imprecazioni a parte inizio la ricerca di indicazioni della partita che dovrebbero trasmettere. Però non posso navigare in Internet e cercare liberamente perché potrei trovarmi di fronte all’articolo e relativo risultato dell’incontro! Ormai la diretta dal Senato si è prolungata fino alle sette e io ormai sto perdendo ogni speranza, quand’ecco che Mentana dice la frase per cui l’avrei baciato in bocca: chiudiamo qui per dare lo spazio alla partita di rugby! “Siiiii!” esplodo in un urlo di gioia, ma poi aggiunge: “ci vediamo tra poco al tg delle 20”. Fatto un rapido calcolo, una partita dura all’incirca 80 minuti più eventuali tempi morti, vuol dire che la mostreranno tagliata spaventosamente! E cosi è infatti: inizia il primo tempo e subito si passa da un’azione del terzo minuto ad una del quattordicesimo. Cartellini gialli e punizioni che saltano fuori da chissà dove, telecronaca montata che concatena frasi assolutamente sconnesse: non sopporto le partite mostrate a spezzoni! Ad un certo punto la mia ragazza mi dice che era comparsa una scritta in basso sullo schermo. A lei sembra di aver letto “ore 23” e la parola “rugby” e ipotizza che alle undici rimostreranno la partita in versione integrale. A parte il fatto che ancora non riesco a capire come io non abbia fatto a vedere la scritta dato che non stavo solo guardando lo schermo, lo stavo mangiando con gli occhi, decido di fidarmi. Cambio canale e inizia l’attesa. Arrivano le 23 e niente…le 23:05, niente…finalmente alle 23:30 inizia la trasmissione della partita. Prevedo che non andrò dormire prima delle 2 ma non importa. Quello che accade dopo è già a conoscenza di tutti. L’Italia chiude il cerchio aperto con la splendida vittoria contro la Francia nella prima giornata del torneo. Gli azzurri affrontano l’Irlanda e ne escono da grande squadra. Il risultato finale si attesta sul 22-15 per i nostri che terminano in quarta posizione in classifica. Inutile dire che è stato senza dubbio il miglior sei nazioni che la squadra Italiana abbia mai giocato. A parte le due vittorie i nostri hanno saputo creare e macinare gioco, amministrare il possesso palla da esperti e consumati professionisti e finalmente mostrare un ottimo gioco alla mano, segnare punti con mete e non solo su punizione, cose che spesso negli ultimi anni erano mancate. Il c.t. Brunel si dice soddisfatto, affermando che la squadra è cresciuta ma che ancora c’è tanto lavoro da fare anche se questo risultato ci dice che siamo sulla giusta strada. A lui il merito di aver preso per mano una nazionale che stentava a decollare, vincolata ancora da una scarsa maturità sia psicologica che tecnica. Unita al carattere dei nostri leoni, quello no non è mai mancato, il risultato è finalmente un team che può giocare alla pari con qualsiasi squadra. Alle 2 spengo la tv e per l’Italia si chiude qui con il rugby anche per quest’anno. A rivederci fra un anno con il torneo sei nazioni 2014, l’unico appuntamento che le televisioni si degnino di mostrare. Ma in fondo è un po’ la filosofia del rugby, lavorare silenziosamente e nascosti per raggiungere i risultati voluti, senza i riflettori puntati e senza i media a riempire le trasmissioni di chiacchiere e polemiche inutili. Forse è meglio così.